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I VIDEOGIOCHI: ECCITANTI O RILASSANTI?

Lo scopo di questo breve articolo sarà quello di fare più chiarezza nella lotta fra coloro che sostengono che i videogiochi a contenuto violento (da qui in avanti videogiochi violenti) facciano diventare aggressivi (nelle manifestazioni di vario genere) e chi pensa siano un mezzo di scarica di aggressività latente.

Assumiamo due presupposti di base, per cercare di dare voce a entrambe le ipotesi:

  1. Videogiocare significa fare un’esperienza. Questa esperienza può essere decontestualizzata dal virtuale e generalizzata al mondo reale.
  2. Le situazioni prese in esame valgono per tutte le persone prive di patologie psichiche o di personalità.

QUALI SONO I FATTORI IN GIOCO?

Immaginiamo che l’intento di giocare sia quello di divertirsi; pertanto, cosa fa divertire un videogiocatore?

Nel momento in cui ci si appresta a giocare, si ha un certo mood che potrà influire nella costruzione dell’esperienza videoludica.

Questa esperienza viene realizzata grazie al fatto che il videogiocatore si immedesimi totalmente nel ruolo interpretato virtualmente, costruendo una rappresentazione del rapporto tra la parte di sé che interpreta il personaggio e gli altri.

È proprio questa interpretazione di ruolo che permette di spostare il mood sullo stato conflittuale in modo da vedere sé stessi come buoni e gli altri come malvagi da distruggere, permettendo di divertirsi svincolandosi dal sentirsi cattivi!

COSA IMPEDISCE LA GENERALIZZAZIONE DEL COMPORTAMENTO DISTRUTTIVO DAL MONDO VIRTUALE AL MONDO REALE?

Bisogna innanzitutto distinguere quelle che sono le categorie generali di videogiochi violenti; e sono sostanzialmente due: videogiochi violenti in cui si fanno cose socialmente inaccettabili nel mondo reale (commettere azioni criminali, come ad esempio GTAV) e videogiochi violenti che nel mondo reale sarebbero socialmente legittimati (catturare criminali, difendere innocenti, come ad esempio Assassin’s Creed).

Perché questa differenza? Perché nel caso della prima categoria di videogiochi (che possiamo definire fuorilegge), l’illegalità viene ancora di più scoraggiata dalla moralità e dalla forza del vincolo normativo.

Cosa s’intende per forza del vincolo normativo? Per forza del vincolo normativo intendiamo la forza con cui la socialità, la cultura d’appartenenza e il confronto coi pari, possano giustificare la riproduzione di manifestazioni aggressive, in qualsiasi forma: aggressività verbale, incremento delle palpitazioni con attivazione fisiologica, e così via.

Pertanto, più è forte questo vincolo, minori sono le possibilità che l’aggressività si manifesti e non solo; recenti ricerche, hanno dimostrato che anche la presenza di stati mentali conflittuali già esistenti (il mood di cui parlavamo sopra) prima di videogiocare vengano assimilati al videogioco e quindi inibiti per lo stesso meccanismo di vincolo!

In conclusione si può dire che i videogiochi non portano allo sviluppo di aggressività (con le dovute eccezioni di alcuni soggetti con patologie preesistenti)! In tutti i casi, tutte le tipologie di videogiochi violenti permettono sì di generare aggressività ma anche di scaricarla in corso; e per coloro che invece sono stressati già prima di giocare, avrà lo stesso effetto!
Giocate anche voi!

Dott. Giuseppe Caranna



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L’Autostima in pratica!

Cos’è l’autostima?

L’autostima è l’insieme dei giudizi, delle valutazioni e degli apprezzamenti volti a sé stessi sia come prodotto di osservazioni soggettive sia come prodotto di “valutazione riflessa” di ciò che gli altri pensano di noi.

L’autostima, infatti, non è solo il risultato di fattori interiori e individuali ma anche frutto di continui “confronti” che l’individuo fa con il mondo esterno. Questa tipologia di confronti è costituita da alcuni fattori, a partire dal rapporto che esiste fra quello che potremmo definire Sé reale e Sé ideale: il primo viene a configurarsi come ciò che realmente siamo, il secondo corrisponde a come vorremmo essere. A tal proposito, le nostre esperienze ci portano a paragonare il Sé reale con quello ideale: più ci avviciniamo al modello ideale, maggiore è la stima di noi stessi.

 

Come determiniamo se un’esperienza è vicina al nostro modello ideale?

Esistono tre fattori principali che concorrono a determinare quanto sia “ideale” ciò che stiamo facendo:

  • “Valutazione riflessa” (o “specchio sociale”), secondo cui ci autodefiniamo in base a quello che gli altri, soprattutto coloro a cui teniamo, pensano di noi;
  • Confronto diretto con gli altri, secondo cui ci autodefiniamo in base alle persone che ci circondano;
  • Autosservazione, secondo cui ci autodefiniamo tramite l’osservazione delle differenze tra noi stessi e gli altri.

 

Cosa “abbassa” la mia autostima?

In alcuni casi questi continui confronti possono andare incontro a quelle che Sacco e Beck (1985) definiscono come distorsioni cognitive: pensieri che distorcono la percezione e la considerazione di Sé.

Le distorsioni cognitive sono sette:

  • Inferenze cognitive, secondo cui ci si crea idee arbitrarie su Sé stessi, senza avere dati obiettivi e reali;
  • Astrazioni selettive, per cui viene estrapolato un piccolo dettaglio negativo e posto come rappresentativo del proprio essere;
  • Sovrageneralizzazioni, per cui un singolo tratto di personalità diventa emblematico dell’individuo;
  • Massimizzazioni, per cui una singola azione negativa anche grandi conseguenze;
  • Minimizzazioni, per cui un singolo evento viene rimpicciolito della sua portata positiva;
  • Personalizzazioni, per cui ci sentiamo responsabili di qualche evento negativo accaduto;
  • Pensieri dicotomici, per cui non esistono sfumature nelle assunzioni di responsabilità, tutto bianco/tutto nero.

 

Quali sono le migliori strategie per incrementare l’autostima?

Secondo Toro (2010) possiamo migliorare la percezione positiva di noi stessi tramite diverse strategie:

  • Migliorare le capacità di Problem Solving, il sentirci “incapaci” di risolvere un problema può abbassare i livelli della nostra autostima;
  • Self-Talk positivo, se per primi ci “inviamo” messaggi positivi, potremo migliorare la nostra autopercezione;
  • Ristrutturazione dello stile di attribuzione, frutto delle distorsioni cognitive;
  • Miglioramento dell’autocontrollo;
  • Modificazione degli standard cognitivi, è meglio tendere ad obiettivi più realistici per non rischiare di peggiorare la propria autostima;
  • Potenziamento delle abilità comunicative.

 

Perché rivolgervi a noi? In che modo lavoriamo?

Incrementare la propria autostima, quando esageratamente bassa o quando si ha completamente perso fiducia in sé stessi, è una prerogativa che ci siamo imposti di aiutarvi a raggiungere!

A tal proposito abbiamo sviluppato un metodo, che fonda le sue basi nella ricerca scientifica e nello studio diretto della psicologia sociale, che ci permetta di coinvolgervi e di lavorare con voi su quello che più vi infastidisce!

Le principali modalità sono naturalmente quelle classiche di ascolto, osservazione e colloquio, ma abbiamo unito queste capacità di un buon psicologo a quelle di buon insegnate cosicché il nostro metodo sia in grado di migliorare la vostra autostima, lavorando in modo del tutto naturale, o quella dei vostri figli, aiutandoli, ad esempio, durante la fase post-scolastica per fare i compiti.

 

Bibliografia

Sacco, W. P. & Beck, A. T. (1985), Cognitive therapy for depression in E. Beckham & W. R. Leber (eds), Handbook of depression. Homewood (IL): Dorsey Press.

Toro, A. (2010), Studio su variabili psicologiche in un campione di atleti impegnati in differenti attività sportive non agonistiche. Tesi di Dottorato, A.A. 2009/10, Università di Catania, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dottorato di Ricerca in Scienze Motorie, XXII Ciclo.
http://archivia.unict.it/bitstream/10761/148/1/Tesi%20Dottorato%20Agata%20Toro.pdf.

 
Dott. Caranna Giuseppe – Psicologo

 

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